Il culto delle Anime del Purgatorio


Il culto delle Anime del Purgatorio è una tradizione molto antica a Napoli, che cammina sul sottile confine tra la superstizione e la fede.

Del Purgatorio, come luogo in cui le anime si purificano prima di poter entrare in Paradiso, ne parlano già i primi cristiani, ma è un concetto che si va man mano strutturando attraverso il pensiero della chiesa fino a consolidarsi, secondo lo storico Jacques Le Goff, nel 1274 durante il secondo concilio di Lione.

E’ però nel 1600 che a Napoli sorge il vero e proprio culto delle Anime del Purgatorio, delle anime “pezzentelle”, come vengono chiamate, ossia di quelle anime che chiedono (pezzentelle, dal latino petere) ai viventi di pregare per loro per aiutarle a raggiungere il regno dei cieli. Il culto prevede una vera e propria adozione di un’anima, rappresentata dal teschio di un deceduto, la capuzzella, che non ha potuto avere degna sepoltura, finita magari in una fossa comune, e che quindi vaga per il Purgatorio in cerca di affetto e preghiere per fare il grande salto.

Un tempo il teschio, veniva portato a casa e posto in un luogo deputato per essere curato, ricevere preghiere e doni, oggi invece, le capuzzelle si trovano tutte insieme nelle teche di alcune chiese o catacombe, ed è lì che vengono ancora pregate e che ricevono visite e doni, in forma di fiori, lettere, santini, da chi li ha adottati.


Spesso alle capuzzelle viene attribuito un nome, perché l’anima del proprietario può apparire in sogno o in forma di visione a chi lo ha adottato. Tra le Anime del Purgatorio e i loro cari si instaura un vero e proprio rapporto di devozione, cura in cambio di grazie e protezione, come fossero dei veri e propri Santi, ma, a differenza di questi che già hanno raggiunto il Paradiso, le anime del Purgatorio possono raggiungerlo solo grazie alle preghiere dei vivi e solo dopo averne ricevute abbastanza da poter passare al di là, possono esaudire i desideri di chi ha devoluto loro tante cure.

In questo caso non siamo di fronte a delle sculture plasmate dalle mani dell’uomo, ma assemblate con ciò che dell’uomo rimane, le ossa, che vengono accatastate o sistemate in modo da creare delle vere e proprie composizioni.