Caspar David Friedrich

Potrebbe essere una plumbea alba o un gelido tramonto, il cielo bicolore, giallo e nero, parla di tristezza e morte, mentre, nella nebbia, pochi monaci di nero vestiti accompagnano un feretro nel cimitero ai piedi all’abbazia diroccata.
E’ difficile identificarli i monaci, perché si confondono con le poche croci e lapidi che sorgono dalla terra, nascosti dall’erba secca ed alta. Dell’abbazia rimane ben poco, una lama di facciata, una grande gotica monofora ormai senza vetri, specchio della decadenza e dell’inquietudine che alberga nello spirito di ognuno.
Gli alberi sembrano giganteschi spettri, anime che attendono, con le braccia rivolte verso il cielo, di reincarnarsi in una nuova primavera che non accenna ad arrivare. Solo la piccola falce di luna crescente lascia adito ad una speranza.
Desolato e spettrale, eppure romantico e malinconico, questo dipinto rappresenta uno dei pilastri della pittura romantica del 1800.
L’autore spesso prediligeva soggetti funebri, giustificandosi dicendo: –perché, per vivere in eterno, bisogna spesso abbandonarsi alla morte.–
Opera visibile alla Alte Nationalgalerie di Berlino.